Mi accoglie un carabiniere - "Venga, il piemme la sta aspettando" "Buongiorno dottore" mi saluta la giovane magistrato "Veda se potete fare qualcosa con il signore giù nell'atrio; è qui da due giorni e ci sta creando non pochi problemi. Reclama del denaro che gli è stato sequestrato per una rapina che ha subìto e non vuole intendere ragioni. "Mi rivolgo ad uno dei carabinieri - ma infine dov'è¨ quest'uomo ? E' in bagno. Ha pisciato sui piedi del collega e l'abbiamo sistemato in bagno. Ci sono già dentro i suoi vigili La porta dei servizi si spalanca e appare il Giorgio che, paonazzo in volto sorregge, abbracciandolo dalle spalle, un povero essere senza le gambe, sporco e puzzolente come un caprone, forse di più.
- "Tiragli su i pantaloncini. Svelto che mi sta scivolando." - Ordina il ghisa a Stefano che, più imbarazzato del collega, sta infilandosi un paio di guanti madonnando con gli occhi. Con una delicatezza insolita il Giorgio adagia l'uomo su un rottame di carrozzina, lercia ed arrugginita, con lo schienale tenuto in posizione da un'asticella di legno e dello spago. Il sostituto procuratore è pronto dietro il suo scranno . -"fatelo accomodare".
E' una parola. Per un centimetro le ruote del presidio sanitario non passano dalla porta, ma per il Giorgio un centimetro di stipite in legno non è fondamentale per il funzionamento della Giustizia. Con una vigorosa spinta carrozzina e passeggero vengono ammessi allo presenza del magistrato. Mohammed parte e racconta, infarcendola di oscure maledizioni in lingua madre, la storia della sua vita. Una vicenda di spie, collaborazioni estorte dai servizi segreti italiani e mai pagate, sino a quella tremenda spinta giù dal treno costata entrambe le gambe di Mohammed,; una vicenda che potrebbe essere stata rielaborata ed arricchita da una personalità turbata. Mohammed sente che per lui non ce n'è. Non c'è¨ la competenza. Deve andare in Tribunale dove gli renderanno i quattrini. Giorgio gira la carrozzina, grazie buongiorno e arrivederci: un altro colpetto allo stipite e via. Siamo in strada, diretti al tribunale. E' li che Stefano comincia a chiedersi - per la verità non ha ancora smesso anche se da allora sono passati mesi - come diavolo siamo entrati noi, tre vigili urbani, in questo accidenti di storia.
Al palazzo di giustizia scopriamo come l'umana pietà o forse il tremendo olezzo che ci annuncia, ci facilitino nelle precedenze agli ascensori e come tutti, per l'amor del cielo, si scansino rispettosi. Veloce la risposta dell'impiegato competente -"Hai fatto male a non recarti al commissariato quando ti hanno chiamato. Il denaro sarà qui martedì". Punto. E un'occhiata a noi come a dire: portatevi via il vostro (vostro ?) mutilato e sgomberatemi l'ufficio. Rieccoci con il Mohammed che smoccola ad alta voce e gli altri che lo fanno in modo più urbano, diretti in Piazza Beccaria.
Nel frattempo scarico il telefonino ma neppure da Fratel Ettore lo vogliono più vedere, neanche dipinto. Vigliaccamente penso che forse Mohammed ha bisogno di una visitina medica in ospedale, magari con un buon bagno e un letto pulito per un paio di notti, ma lui non ci sta e non appena scorge l'autolettiga che ho chiamato, si lancia giù dalla sedia a rotelle, cade sui moncherini lanciando un urlo straziante. Non finge, non può fingere, lo sentiamo anche noi il suo dolore.
E' sempre il Giorgio che ha la soluzione: - "Totale, Mohammed, se po savè in doe l'è che te voeret andà (Dove vuoi che ti portiamo infine) ? -" in Piazza Duomo" - Logico no ? Il posto dove maggiore è il numero di sbandati, svitati, clochard nostrani ed esteri, il luogo dove da sempre l'umanità più sola si cerca e si ritrova, dove tutti gli incontri sono possibili, il centro dell'imbuto insomma. -"Giusto"e si riparte alla ricerca di uno di quegli amici che Mohammed giura di avere a dozzine.
Cosa possiamo scrivere nel rapporto, che lo abbiamo piantato sotto un lampione ? In effetti sto considerando la bontà della cosa quando un gentile e altruista signore extracomunitario (che brutta parola) capisce la situazione, si lascia identificare e si porta via il nostro.
Sono passati due mesi. Poco fa ho visto Mohammed in Piazza Duomo, mentre si spingeva disinvolto sulla sua carrozzina. Mi ha guardato per un lungo istante: non ci siamo riconosciuti.
Giuseppe Cordini